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Bronwyn Katz, Markings of buried gold (2017)
Bronwyn Katz, Markings of buried gold (2017), Salvaged wire and mattress lining; 186 x 151 x 25 cm, Courtesy l'artista e Fondazione Bonollo
Bronwyn Katz, Markings of buried gold (2017)
Bronwyn Katz, Markings of buried gold (2017), Salvaged wire and mattress lining; 186 x 151 x 25 cm, Courtesy l'artista e Fondazione Bonollo

MATERIA VIBRANTE

GIORGIO ANDREOTTA CALÒ, GIULIA CENCI, JUNE CRESPO, JESSE DARLING, BRONWYN KATZ, SANDRA MUJINGA, ISABEL NUNO DE BUEN, LUCA TREVISANI

a cura di Chiara Nuzzi

06.06.2025 > 07.11.2025

Orari | giovedì 14:00 > 19:00, venerdì e sabato 10:30 >12:30 – 14:00 > 19:00  Ingresso libero.

Materia Vibrante, a cura di Chiara Nuzzi, è la quarta esposizione dedicata alla Collezione Sandra e Giancarlo Bonollo e riunisce le opere di otto artiste e artisti italiani e internazionali che esplorano la materia scultorea come strumento critico e vitale. La mostra si configura come una riflessione corale sull’interconnessione tra arte, natura ed ecologia, interrogando il ruolo della scultura in un tempo segnato da una crisi climatica senza precedenti. Contrapponendosi all’idea tradizionale della materia come sostanza passiva e inerte, le opere in mostra la restituiscono come elemento attivo, capace di generare senso, immaginari e possibilità.Temi come la memoria, l’identità, il trauma e la collettività emergono attraverso installazioni che incorporano il mondo animale e non umano, proponendo nuove forme di coesistenza e ripensamento dello spazio, inteso come esperienza vissuta e luogo di relazione.
In questa chiave, Materia Vibrante diventa un territorio speculativo in cui l’arte apre prospettive inedite per affrontare le urgenze del presente e costruire visioni di transizione.

Biografia artisti

Giorgio Andreotta Calò (1979, Venezia) vive e lavora tra l’Italia e i Paesi Bassi. Utilizzando come materia prima frammenti, materiali di recupero, oggetti esposti agli agenti atmosferici e persino intere architetture, le sue opere possono essere interpretate come “residui attivi” di processi e azioni consumate, nelle quali le dimensioni temporali del futuro e del passato si rapportano l’una all’altra in un alternarsi continuo. Nel 2011 il lavoro di Calò è stato presentato alla 54a Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia diretta da Bice Curiger. Nel 2012 ha vinto il Premio Italia per l’arte contemporanea promosso dal Museo MAXXI di Roma con l’opera “Prima che sia notte”. Tra il 2012 e il 2013 è stato artista in residenza presso il Centre National d’Art Contemporain di Villa Arson, Nizza, Francia. Nel 2014 ha vinto il Premio New York, patrocinato dal Ministero degli Affari Esteri italiano. Nel 2017 Calò è uno dei tre artisti invitati a rappresentare l’Italia nel padiglione curato da Cecilia Alemani nell’ambito della 57ª Esposizione Internazionale d’Arte, la Biennale di Venezia. Con il progetto Anastasis, nel 2017 ha vinto la seconda edizione della borsa di studio del Consiglio Italiano assegnata dal MiC, che ha sostenuto l’installazione monumentale realizzata nel 2018 alla Oude Kerk di Amsterdam. Nel 2019 ha presentato la mostra “CITTÀDIMILANO” presso Pirelli HangarBicocca.

 

Giulia Cenci (Cortona, Italy, 1988), vive e lavora tra Amsterdam e Cortona.

Nel suo processo di osservazione, Giulia Cenci seleziona elementi e dettagli irrilevanti di oggetti industriali e del nostro quotidiano, capaci di esprimere vulnerabilità, promesse e fallimenti dell’attività umana. Le conseguenze del nostro passato, la struttura della società e le condizioni del sé in una contemporaneità definita da prodotti e avatar suggeriscono all’artista vedute di ipotetici habitat. Oggetti di scarto, elementi naturali, prototipi animali e umani si mescolano e interagiscono, organizzati in gruppi seriali o isolati in cerca di soggettività. Figure e strutture costituiscono ambienti in cui risulta difficile definire un ordine gerarchico logico. Concetti di appartenenza a una specie o genere vengono messi in dubbio, nel tentativo di spodestare una reale forma di dominanza di un gruppo o di un singolo rispetto ad un altro. Le sue installazioni mostrano una costante duplicità: l’appartenenza a forme e disegni conosciuti e ripetuti nel nostro presente e un’esasperazione delle azioni scultoree nel tentativo di ottenere oggetti fortemente impuri. Tecnica e tecnologia, ripetizione, somiglianza e l’idea di riproduzione popolano ambienti di cui il corpo dei visitatori diviene spesso parte, facendosi materia aggiuntiva che reagisce con “il resto”. Giulia Cenci è stata vincitrice del Baloise Art Prize ad Art Basel 2019 ed è stata finalista del Future Generation Art Prize 2023-2024 e del MAXXI BVLGARI PRIZE 2020. Tra le mostre personali e collettive più recenti si ricordano: Le Masche, Radis – Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, Rittana, IT; Secondary Forest, High Line Art, New York, NY; Secondary Growth, Pièce Unique – Massimo De Carlo, Parigi, FR; Among the Invisible Joins. Works from the Enea Righi Collection, MUSEION, Bolzano, IT; Colorescenze, Centro Pecci, Prato, IT; Face to Face, MUDAM, Luxembourg, LX; The Milk of Dreams, 59th International Art Exhibition, La Biennale di Venezia.

 

La pratica di June Crespo (1982, Pamplona, vive e lavora a Bilbao) analizza con una metodologia sensuale i modelli contemporanei di rappresentazione, commentando le dinamiche reali e simboliche che avvolgono il corpo femminile (visibili, ad esempio, nell’incorporazione di riviste destinate a un pubblico femminile nei suoi set scultorei). L’interesse di Crespo per le condizioni concrete e corporee dell’oggetto/corpo, così come per i contesti immateriali in cui esso circola e si sposta, mette in discussione la configurazione composita della vita contemporanea fatta di dinamiche materiali e discorsive. Crespo si è guadagnata il riconoscimento internazionale sin dagli esordi. Nel 2022, le sue sculture sono state incluse nella mostra The Milk of Dreams alla 59ª Biennale di Venezia. Ha esposto le sue opere in importanti istituzioni culturali nazionali e internazionali, tra cui il CA2M di Madrid e Artium di Vitoria-Gasteiz, il CRAC Alsace, Francia; TEA Tenerife, MUSAC, León, Spagna; Jeu de Paume, Parigi; la Fundació Joan Miró, Barcellona, Spagna, tra le altre.

 

La pratica multidisciplinare di Jesse Darling (Oxford, 1981, vive e lavora a Oxford) considera come i soggetti corporei si formino inizialmente e si trasformino continuamente attraverso le influenze sociopolitiche. Lavorando con scultura, installazione, video, disegno, testo e performance, Jesse Darling attinge alla propria esperienza e alle narrazioni della storia e della controstoria. Esplora la vulnerabilità intrinseca dell’essere un corpo e come l’inevitabile mortalità degli esseri viventi si traduca in civiltà e strutture. Caratterizzato da una serie di beni di consumo fluttuanti, dispositivi di supporto, oggetti liturgici, materiali da costruzione, personaggi di fantasia e simboli mitici, il lavoro di Jesse Darling ricontestualizza gli oggetti costruiti dall’uomo per rivelarne la precarietà. Le forme, contemporaneamente ferite e liberate, mettono a nudo la loro fragilità e il bisogno di cure e guarigione. Nel 2023 gli è stato assegnato il Turner Prize 2023 per la pittura. Tra le mostre personali selezionate figurano VANITAS, Petit Palais, Parigi, Fr (2024); On Our Knees, Arcadia Missa, Londra, Regno Unito (2024); Gravity Road, Mining History Centre, Lewarde, FR (2023); Turner Prize 2023 Winner; Enclosures, Camden Art Centre, Londra, Regno Unito (2022); Gravity Road, Kunstverein Freiburg, Freiburg, DE (2020); Kunstpreis der Böttcherstraße Prize, Bremen (2020); The Ballad of St Jerome, Art Now, Tate Britain, Londra, UK (2018). Le opere di Jesse Darling sono presenti in importanti collezioni pubbliche, tra cui Tate, Londra (Regno Unito); Arts Council, Londra (Regno Unito); Lafayette Anticipations, Parigi (FR); FRAC des Pays de la Loire (FR); UK Government Art Collection, Londra (Regno Unito); Glasgow Museums, Glasgow (Regno Unito); CNAP (FR); X Museum, Pechino (CN); Aïshti Foundation, Beirut (LB).

 

La pratica di Bronwyn Katz (1993 Kimberley, South Africa) è radicata nell’esplorazione della materialità, dello spazio e dei modi in cui gli oggetti quotidiani possono essere re-immaginati e trasformati. Katz lavora con materiali di recupero e media eterogenei, utilizzando questi elementi per creare sculture e installazioni che evocano un senso di movimento, presenza e assenza. Il suo lavoro coinvolge lo spettatore con la fisicità dei materiali, il loro potenziale e le idee socialmente costruite a essi sottese, incoraggiando relazioni più profonde tra i corpi e l’ambiente. L’approccio di Katz alla scultura collega i temi della memoria e della resilienza, esplorando gli spazi interstiziali e utilizzando materiali che riflettono il proprio patrimonio culturale e le esperienze personali. Il suo lavoro dialoga con le forme indigene di arte astratta dell’Africa meridionale; metodi e tradizioni di creazione di segni e narrazione che precedono di molto il modernismo occidentale. Tra le mostre personali più recenti ricordiamo: Stone’s embrace, a love spiral of erosion and renewal, Stevenson, Johannesburg (2024); Tus tsĩ ǀxurub, Rain and drought, MASSIMODECARLO, Parigi (2023); I turn myself into a star and visit my loved ones in the sky, White Cube, Londra (2021) e A Silent Line, Lives Here, Palais de Tokyo, Parigi (2018). Katz ha partecipato a mostre collettive tra cui SIGHTLINES on Peace, Power & Prestige: Metal Arts in Africa, Bard Graduate Center Gallery, New York (2023); The Milk of Dreams, 59a Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia (2022); Soft Water, Hard Stone, New Museum Triennial, New York (2021); the Future Generation Art Prize exhibition, PinchukArtCentre, Kyiv (2021); NIRIN, 22a Biennale di Sydney (2020); Là où les eaux semêlent, 15a Biennale de Lyon (2019). Katz è membro fondatore di iQhiya, un collettivo di 11 donne che si è esibito in vari spazi, tra cui Documenta 14 (a Kassel e Atene). Katz è nata nel 1993 a Kimberley, in Sudafrica. Vive e lavora a Città del Capo.

 

Sandra Mujinga (1989, Goma, Repubblica Democratica del Congo) vive e lavora tra Berlino e Oslo. Esplorando le dinamiche di visibilità e opacità, attraverso una pratica multidisciplinare che include testo, scultura, performance, danza, Internet e immagini digitali, l’artista affronta e negozia temi quali identità, auto-rappresentazione e sorveglianza. La sua pratica è stata descritta come un interrogativo su “cosa significhi esistere nell’oscurità”, mettendo in evidenza la natura conflittuale della visibilità che, mentre serve come piattaforma sempre più ampia per promuovere la diversità e la differenza, aumenta contemporaneamente la sorveglianza indesiderata e la raccolta di dati. Per combattere questo fenomeno, l’artista suggerisce che gli esseri umani devono diventare più adattabili ai loro ambienti, esplorando grazie al suo lavoro le strategie di sopravvivenza impiegate dagli animali che cambiano le loro caratteristiche corporee per adattarsi all’ambiente circostante. Mujinga si ispira profondamente alla fantascienza, all’afrofuturismo e all’idea del “post-umano” come sguardo speculativo e politico che immagina mondi alternativi all’incrocio tra tecnologia, uomo e animale. Le sue opere sono state esposte in importanti istituzioni internazionali come lo Stedelijk Museum di Amsterdam, Paesi Bassi (2025), la Kunsthalle Basel, Svizzera (2024), l’Hamburger Bahnhof di Berlino e il Munch di Oslo (2022), lo Swiss Institute di New York (2021), La Biennale di Venezia e il MoMA di New York (2022).

 

Isabel Nuño de Buen (1985, Città del Messico) vive e lavora tra Hannover e Città del Messico. Il lavoro di Isabel Nuño de Buen è ambizioso, non solo in termini di scala, ma soprattutto in termini di portata. Incorporando scultura, disegno e installazione, l’artista realizza ritratti allegorici di sé e della civiltà umana come un progetto continuo, multiforme e incompleto. In quanto tale, la sua è una pratica essenzialmente frammentata, caratterizzata da un senso di fluttuante apertura e sempre protesa verso un insieme molto più grande, in continua evoluzione e inconoscibile. Le sue opere appaiono come enigmi che, se completamente decostruiti e studiati, non rivelerebbero tanto i loro misteri ma li cancellerebbero; la loro promessa semi-imperscrutabile di intelligibilità e significato diventa un’allegoria sia dell’io che della civiltà. Lungi dall’essere letterale o didascalica, l’opera e i suoi significati molteplici e potenziali giocano ed esistono sulla soglia della comprensione, proprio come le civiltà precedenti e i nostri sé completi e conoscibili esistono sulla soglia della nostra comprensione, rimanendo sempre appena al di là della nostra portata. Tra le mostre personali più recenti si ricordano Garden of Time, Mai 36 Galerie, Zurigo, 2024; Now and Away, Chris Sharp Gallery, Los Angeles, 2023; Isabel Nuño de Buen – SPRENGEL PREIS 2021, Sprengel Museum Hannover, Hannover, 2021; In another time and space, Lulu, Città del Messico, 2021; e in fugue, Kunstverein Hannover, Hannover, 2020.

 

Luca Trevisani (Verona, 1979) è un artista visivo. La sua pratica multidisciplinare è stata esposta a livello internazionale in musei e istituzioni. Trevisani ha pubblicato diversi libri, tra cui Lo sforzo ha preso strumenti (Argobooks 2008), Luca Trevisani (Silvana Editoriale 2009), L’arte di piegare per grandi e piccini (Cura Books 2012), Water Ikebana (Humboldt Books, 2014), Grand Hotel et des Palmes (Nero, 2015), Via Roma 398. Palermo, (Humboldt Books, 2018). La ricerca di Trevisani spazia tra la scultura e il video, e attraversa discipline di confine come le arti performative, la grafica, il design, il cinema sperimentale e l’architettura, in una perenne condizione magnetica e mutante. Nelle sue opere le caratteristiche storiche della della scultura sono messe in discussione o addirittura sovvertite, in un’incessante indagine sulla materia e sulle sue narrazioni.

Chiara Nuzzi / curatrice

Chiara Nuzzi (Napoli, 1986) è una curatrice, autrice e manager editoriale.
Nel 2023 ha curato il programma annuale Project Room per la Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano con i progetti espositivi Lito Kattou. Whisperers e Paul Maheke. The Purple Chamber. Dal 2019 è curatrice e manager editoriale di Fondazione ICA Milano, dove ha curato le mostre Erika Verzutti. Notizia (co-curata con Alberto Salvadori); Camille Henrot & Estelle Hoy. Jus d’Orange; Rebecca Moccia. Ministry of Loneliness; Chemutai Ng’ok. An impression that may possibly last forever; Annette Kelm. DIE BÜCHER (co-curata con Alberto Salvadori); Costanza Candeloro. My skin-care, my strength, la mostra collettiva Small Fixations e Simone Forti. Vicino al Cuore /Close to the Heart (co-curata con Alberto Salvadori). Ha curato mostre collettive e personali in Italia e all’estero, collaborando negli anni con diverse istituzioni pubbliche e private tra cui Fondazione Arnaldo Pomodoro; Istituto Svizzero, Milano; ar/ge kunst, Bolzano; Museo MART di Trento e Rovereto; Le Narcissio, Nizza; Independent Art Fair, Bruxelles. Tra le pubblicazioni più recenti si ricordano: Camille Henrot & Estelle Hoy. Jus d’Orange (NERO, 2023); Rebecca Moccia. Ministry of Loneliness (Humboldt Books, 2023).